In questo testo utilizzeremo la schwa (ə), il nostro obiettivo è quello di adottare un linguaggio inclusivo e non binario.
Tutte le informazioni presenti in questo articolo hanno carattere di divulgazione scientifica: ogni caso specifico va valutato da professionistə competenti.
Ci sono ancora molti pregiudizi e falsi miti sull’identità di genere e sulle persone transgender. In questo articolo prendiamo in esame e “smontiamo”, con l’aiuto delle informazioni presenti in letteratura scientifica, quelli contro cui ci imbattiamo più spesso.
“Transgeder e transessuale sono sinonimi”
Come abbiamo visto in precedenza, non tutte le persone transgender sono binarie e/o desiderano intraprendere un percorso medicalizzato ed è a quest’utlimo a cui solitamente si fa riferimento con il termine “transessuale”. Ricordiamo, inoltre, che questo termine è di derivazione psichiatrica, sempre meno utilizzato dalla comunità trans e, per alcune persone, potrebbe irrispettoso, in quanto poco inclusivo, patologizzante e poiché pone l’attenzione dell’altrə sui caratteri sessuali del loro corpo.
“Se una persona è già gay/lesbica, perché sente il bisogno di cambiare anche il proprio genere?”
L’identità di genere e l’orientamento sessuale/romantico sono due aspetti diversi e separati della persona e quest’ultima può prendere consapevolezza di essi in momenti diversi della sua vita. Facciamo un esempio: S. è una persona AMAB attratta da persone di genere maschile e, successivamente, comprende di avere identità di genere femminile. Queste due cose non sono collegate, semplicemente S. è una ragazza/donna trans eterosessuale.
“La maggior parte delle persone trans lavora nel porno o si prostituisce”
Questa convinzione è un retaggio di alcuni decenni fa, quando la rappresentazione delle persone transgender era estremamente più limitata e, molto spesso, gli unici esempi conosciuti erano donne trans che svolgevano il lavoro di sex workers.
Se, da un lato, è vero che il mondo del lavoro può essere ambito di discriminazione per le persone transgender ancora oggi, d’altra parte i fatti dimostrano che attualmente, anche in Italia, ci sono persone trans inserite nei più disparati ambiti e contesti lavorativi e che, pertanto, il sex working può essere una professione scelta liberamente da persone cisgender o transgender, ma certamente non rappresenta ad oggi il destino delle persone trans in quanto tali.
Ricordiamo, inoltre, che questa associazione può far sentire le persone transgender oggettificate e sessualizzate senza il loro consenso in quanto, ancora una volta, l’attenzione dell’altrə viene posta sui loro corpi.
“Essere trans non è normale/naturale” oppure “è una patologia”
L’identità di genere transgender è una variabile naturale dell’identità di genere, inoltre, come abbiamo visto in precedenza, la medicina e la psicologia stesse hanno avuto modo di studiarla e, ad oggi, sappiamo che essa non è un disturbo psicologico. Il modo migliore per salvaguardare e incrementare il benessere delle persone trans, quindi, è aiutarle ad affermare la propria identità, piuttosto che metterla in dubbio o contrastarla.
“Essere trans/non binary oggi è una moda: tante persone, soprattutto giovani, si fanno condizionare”
Oggi, fortunatamente, le persone transgender (binarie e non binarie) sono molto più rappresentate nei media: questo permette alle persone di sentirsi meno sole, di comprendere meglio la propria esperienza grazie al racconto di quella dellə altrə e, in generale, aiuta tutto il contesto socio-culturale di riferimento a normalizzare i vissuti delle persone trans e a partecipare ad una conversazione collettiva utile a tutte le parti coinvolte. Questo, però, non implica che un vissuto così intimo e personale, che può portare anche ad intraprendere un lungo e importante percorso di adeguamento di genere, possa essere così facilmente indotto. La maggiore attenzione che oggi viene rivolta a questi temi non è il motivo per cui sempre più persone “diventano trans”, ma è il motivo per cui sempre più persone trans hanno più strumenti per vivere la propria identità con maggior agio.
“Una persona trans potrebbe risolvere il problema accettando il proprio corpo”
Nel nostro contesto socio-culturale di riferimento, gli stereotipi estetici maschili e femminili e i ruoli di genere sono estremamente presenti fin dalla nascita di una persona (o anche prima: pensiamo all’enfasi posta sul genere di unə bambinə che sta per nascere), inoltre il medesimo contesto tende a far coincidere sesso assegnato alla nascita e identità di genere anche se, come abbiamo visto, questa associazione automatica è scientificamente errata. Questa dinamica discriminatoria, definita cisnormatività, è alla base della disforia di genere e, ad oggi, sappiamo che tale disagio scompare o viene portato a livelli clinicamente non significativi grazie ad un percorso di affermazione/adeguamento di genere. Solo se la non accettazione del proprio corpo o di parti di esso si presenta in assenza di disforia di genere e ha specifici criteri clinici, allora potrà essere diversamente diagnosticata.
“Per le persone più giovani è solo una fase: non hanno ancora l’esperienza di vita necessaria per comprendere la propria identità”
Se siete persone cisgender, vi ricordate il momento in cui avete capito di essere persone cisgender? Avete avuto bisogno di raggiungere una certa età e una certa esperienza di vita, oppure è una consapevolezza che avete sempre avuto, magari senza neanche mai interrogarvi? L’identità di genere si sviluppa nei primissimi anni di vita, anche se la consapevolezza di tale identità può manifestarsi molto tempo dopo (comunemente durante la pubertà e l’adolescenza); inoltre a causa della cisnormatività, per le persone trans questo percorso di consapevolezza è spesso più lungo e non facilitato dall’esterno. Il fatto che l’esperienza delle persone trans non sia facile e “automatica” come quella delle persone cis, non significa che la loro identità possa essere messa in discussione.
Un pensiero riguardo “Pregiudizi e falsi miti sull’identità di genere e sulle persone transgender”